“There is no reason for any individual to have a computer in his home”
( Nessun individuo ha alcun motivo per avere un computer in casa propria )
– Ken Olson, 1977
Roma – Chi di voi non ha sorriso leggendo questa frase? Si tratta di una di quelle frasi celebri che qualcuno vorrebbe non aver mai detto, un po’ come “I think there is a world market for maybe five computers” ( Credo che il mercato mondiale sia forse di 5 computer ) ( attribuita a Thomas J.Watson, 1943), oppure “640K dovrebbero essere sufficienti per chiunque” ( attribuita a Bill Gates, anche se non c’è nulla che lo possa confermare: anzi, l’interessato smentisce). In realtà, visto come si sta modificando il panorama informatico, questa frase potrebbe rivelarsi, se non vera, nemmeno così falsa come poteva sembrare fino ad un paio di anni fa: anche se per arrivare in questa situazione siamo passati per qualche decennio di evoluzione (o di “involuzione”, come direbbe qualche mio amico parlando del passaggio attualmente in corso).
Ma facciamo un passo indietro prendendo spunto da qualche esperienza personale: il mio primo computer fu uno ZX-Spectrum ma a quei tempi ero troppo giovane e spensierato per addentrarmi nei meandri della programmazione, e non andai più in là di qualche esperimento di dubbia utilità (come un clone di Space Invaders che però si esauriva in un unico livello). Qualche anno più tardi avevo tra le mani un 286 con quale feci molte più cose; in particolare, dopo aver scoperto il fascino dei frattali , tradussi in GW-Basic l’algoritmo matematico per la generazione di questi interessanti oggetti geometrici. In quegli anni, parlo grossomodo degli anni ’80, il computer era una macchina utilizzata perlopiù da appassionati (come nel mio caso) o da chi doveva lavorarci. Le prime versioni AutoCAD , per esempio, arrivarono proprio in quel periodo.
Non esisteva Internet (non perlomeno come la conosciamo ora, visto l’Italia fu connessa alla rete nel 1986, ma il World Wide Web nacque ufficialmente nel 1991), né tantomeno esistevano FaceBook o Twitter… Al massimo, per chi proprio non sapeva cosa farci, il computer poteva essere utilizzato come una costosa console, ma in realtà era più divertente giocare con un Nintendo NES o con un Sega Master System , a meno di non possedere una macchina come l’ Amiga .
In ogni caso, un quarto di secolo fa, era molto più probabile che chi possedeva un computer fosse una persona interessata all’informatica, alla programmazione, o all’esecuzione di compiti specifici per il quale il computer cominciava ad essere indispensabile. Col passare degli anni il computer ha seguito la sua naturale evoluzione commerciale cercando di conquistare mercati sempre più ampi, e ci è riuscito prima di tutto grazie alla proposta di nuovi software che poco per volta hanno ampliato lo spettro di possibili utilizzi del computer stesso. L’incremento della potenza e della versatilità ha fatto si che il computer prendesse piede nelle aziende sostituendo tecnigrafi, macchine da scrivere, strumenti vari di progettazione e quant’altro (basti pensare alle tipografie, o al fotoritocco). L’arrivo della GUI e l’abbassamento dei costi hanno fatto il resto: il computer ha iniziato a diffondersi anche nelle case anche per banali scopi di svago, e con l’arrivo di Internet (in particolare della banda larga) il fenomeno è esploso.
Una diffusione così vasta dei computer si scontra (se vogliamo metterla in questi termini) con l’esigenza primaria che portò alla nascita del computer stesso, ovvero la passione per l’informatica. Oggi la stragrande maggioranza delle persona che lavora o si diletta davanti ad un computer non “utilizza” il computer in quanto tale, ma lo utilizza come strumento per fare determinate cose: non sa programmarlo, spesso e volentieri non sa nemmeno come funziona, e non si azzarda minimamente ad aprire il terminale (o il prompt del comandi per chi utilizza Windows); oggi, ma anche dieci anni fa, chi si siede davanti ad un computer utilizza le applicazioni che girano sullo stesso, e se gli manca un’applicazione lancia il browser, la cerca con Google, e la scarica. Se usa un Mac, dall’inizio di quest’anno è più probabile che lanci il Mac App Store , che pur non essendo esaustivo gli permette di fare ricerche più mirate, ma poco cambia.
Riallacciandomi a quanto detto sopra, se negli anni ’80 non avevo altra scelta che darmi da fare per programmare l’algoritmo di generazione dei frattali, oggi in pochi minuti ho scaricato dall’App Store 3 applicazioni che fanno la stessa cosa (anzi, ne fanno molte di più e le fanno molto meglio); ne ho subito buttata una che non mi piaceva, e una seconda l’ho buttata dopo aver verificato che era significativamente più lenta della terza. Certo, la soddisfazione di vedere il proprio algoritmo prendere forma non ha prezzo, ma ognuno ha le proprie esigenze: io, oggi come oggi, non avrei il tempo di mettermi a scrivere nemmeno dieci righe di codice per diletto. Un grafico professionista potrebbe semplicemente aver bisogno di un frattale per inserire un’immagine particolare in un suo lavoro, e altri ancora potrebbero semplicemente essere interessati dall’argomento ma non avere la sufficiente esperienza matematica e/o informatica, magari perché esercitano professioni completamente differenti delle quali (al contrario dell’informatica o della matematica) sono espertissime. Non possiamo certo pretendere che ognuno sia esperto di ogni cosa e abbia il tempo necessario per potersi programmare tutto ciò di cui ha bisogno, e nemmeno possiamo pretendere che il computer sia acquistato solo dagli informatici, altrimenti avrebbe la stessa diffusione di 30 anni fa (cosa che, forse, a certi “puristi” dell’informatica non dispiacerebbe).
A questo punto possiamo chiudiamo il cerchio con quanto detto in apertura: ultimamente le vendite di computer non sono esaltanti, mentre quelle dei tablet (in particolare di iPad, anche grazie a un vantaggio iniziale) sono in forte crescita. Sono in molti ad aver visto un legame tra le due cose, ed anche a mio avviso il legame esiste: esiste almeno in parte e almeno per tutte quelle persone che l’informatica “fine a se stessa” non la conoscono, per quelli che utilizzano il computer come strumento per eseguire dei compiti relativamente semplici, per quelli che alle prese con un sistema “completo”, tra aggiornamenti, antivirus, applicazioni da installare, e configurazioni non proprio immediate, possono trovarsi in difficoltà e chiamano in continuazione l’amico esperto di turno, il parente smanettone, o il vicino disponibile.
iPad (che a mio modo di vedere non è un computer) mette fine a questa situazione permettendo a molte persone di fare cose che altrimenti non avrebbero mai fatto, persone che non avrebbero mai comprato un computer, persone che di fronte ad un computer si trovano impacciate, o persone che pur avendo un computer ci fanno così poco (email, Internet, Facebook, giochi) che possono farlo più comodamente e con meno problemi, utilizzando un iPad (o un altro tablet con Andoid… ma non certo un tablet con un sistema “completo”). Certo non è la soluzione ideale per tutti i compiti e per tutte le persone (anzi, fino all’arrivo di iOS 5 e iCloud, iPad non era nemmeno un macchina totalmente “indipendente”), ma stiamo parlando di dispositivo in grado di sostituire il computer per tutte quelle persone che il computer non lo sanno e non lo vorrebbero nemmeno usare, ma che lo usano solo per svolgere un compito. L’importante è che ci sia davvero un’App che fa davvero quello di cui hanno bisogno.
Chissà che in un futuro nemmeno troppo lontano, l’evoluzione e la diffusione dei tablet non faccia si che si verifichi quello che disse Ken Olson 34 anni fa.
Domenico Galimberti
blog puce72
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